domenica 14 dicembre 2014

Chen il paladino

Durante la lunga epoca imperiale cinese e poi nella successiva repubblica, spesso il controllo dello Stato centrale latitò. Per questo sorsero gruppi di autodifesa, generalmente incentrati nei villaggi, dove ci si esercitava nel combattimento con armi bianche e a mani nude.
Queste milizie popolari fiorivano soprattutto in momenti di crisi, quando nelle campagne regnava il banditismo.

Membri di una milizia popolare di Guangzhou 广州 fotografati nel 1938 da Robert Capa

Uno di questi periodi fu il primo quarantennio del '900, in cui una delle conventicole di protezione più ampie era la Società delle lance rosse (Hong qiang hui 红枪会).
Si stima che per la fine del decennio le province dell'Henan 河南 e dello Shandong 山东 ospitassero circa diecimila affiliati alle Lance rosse. Era un gruppo bellicoso, tanto da mettersi contro altri suoi simili per il dominio sul territorio.

Possibili membri della Hong qiang hui, 1936 circa

Quando, intorno al 1926, la loro minaccia arrivò nella contea di Wen dell'Henan, trovò ad attenderla un borgo particolare: Chenjiagou 陈家沟 (Buca della Famiglia Chen).
Come rivela il toponimo, qui aveva sede un lignaggio assai importante per le arti marziali: quei Chen a cui molti storici moderni attribuiscono l'invenzione del tai ji quan 太极拳.

Anziani di Chenjiagou si allenano nel villaggio in una foto di parecchi anni fa

A quel tempo ci viveva un loro discendente che sarebbe diventato illustre a Pechino: Chen Fa Ke 陳發科 (1887-1957). Toccò dunque a lui e alla sua scuola essere ingaggiati dal governo locale per misurarsi con le Lance rosse. Così egli raccontò a Hong Jun Sheng 洪均生, l'allievo che imparò il tai ji quan da lui per più tempo.
Hong riferisce che il maestro arrestò due esponenti della banda non appena giunto alla sede della contea. Ma poi trovò lì un altro esperto di combattimento, assunto per il suo stesso scopo. Non poteva che risultarne una sfida: il tizio si fiondò nella stanza dove sedeva Chen e gli scagliò un pugno destro al petto. Il polso di Fa Ke intercettò il colpo e con una spinta carica di forza penetrante mandò l'aggressore a rotolare fuori dalla porta.
Il problema delle Lance rosse sarebbe stato risolto con un duello simile.

Militari cinesi odierni praticano tai ji quan nella contea di Wen

I capoluoghi delle contee erano di solito recintati da mura difensive. Quando le Hong qiang assediarono quello di Wen, Chen Fa Ke affrontò con un lungo bastone (gun ) il loro capo sull'unico ponte levatoio abbassato. Attese una stoccata di lancia dell'avversario, ne deviò l'asta facendola cadere, dopodiché lo infilzò con un affondo al busto. Verosimilmente fu una tipica mossa di lancia: na (“intrappolare”) e poi zha (“conficcare”).

Movimento della tecnica na

Privi del loro comandante, gli attaccanti persero fiducia nel potere dei loro riti magici d'invulnerabilità e non esitarono a ritirarsi. Il distretto fu salvo.
Ma Chen Fa Ke avrebbe potuto incorrere in grane legali vere, poiché la Cina di allora non era una landa senza leggi e un assassinio, sebbene per conto del governo, rappresentava delitto grave.
Sempre Hong Jun Sheng racconta che quando nel 1956 tornò dal maestro a Pechino per continuare gli studi di tai ji quan, trovò a casa sua due agenti del governo comunista che ancora stavano indagando sul fatto di trent'anni prima come caso di omicidio.
Il commento di Chen fu che una buona azione fatta per il popolo era diventata una questione fastidiosa.

Chen Fa Ke nel fiore degli anni

Nessun commento:

Posta un commento